Venerdì 19 Aprile 2024
Attilio Manca urologo

di Luca Grossi

Il 12 febbraio 2004 venne ritrovato morto nel suo appartamento a Viterbo il giovane medico Attilio Manca. Sono passati ben diciannove anni dal sua morte ma il suo caso  "continua a scottare. Sono innumerevoli gli ostacoli posti sul nostro cammino, ma non potranno mai impedirci di arrivare alla verità”, ha scritto il 29 dicembre sul suo profilo Facebook la mamma Angela Manca.
Il legale che li assiste, Fabio Repici, è stato perentorio: "Non ci sono più alibi per nessuno".
Anche il 'verdetto' della commissione parlamentare antimafia non lascia spazio a dubbi: "Attilio Manca è stato ucciso" e la sua morte (questa è una "certezza") è stata "una conseguenza dei contatti avuti" con Bernardo Provenzano. Un "omicidio di mafia", frutto di "di una collaborazione tra la cosca mafiosa barcellonese e soggetti istituzionali estranei a Cosa Nostra".
Dopo molti (troppi) anni, le menzogne lasciano il posto alla verità. Certamente si dovrà ancora percorrere il tortuoso cammino giudiziario, ma il lavoro svolto dai componenti della Commissione ed in particolare da Piera Aiello, Stefania Ascari, Federica Fabbretti e Giulia Sarti, ha finalmente ridato lustro al nome di Attilio Manca, più volte infangato da chi ha operato attivamente affinché venisse dipinto come un drogato, un tossico, morto suicida per un’overdose provocata da un mix di droga e farmaci.
Gli investigatori della prima ora avevano puntato immediatamente sulla tesi del suicidio, concentrandosi nel documentare i rapporti tra Attilio Manca e una donna romana con precedenti per droga, tale Monica Mileti che, nel pomeriggio del 10 febbraio 2004, aveva effettivamente incontrato Manca a Roma.
Secondo la loro tesi la donna aveva ceduto l'eroina che ha ucciso Attilio, ma dopo la condanna in primo grado, l'anno scorso Monica Mileti è stata assolta "perché il fatto non sussiste" e nelle motivazioni dei giudici si parla di "indizi fragili e equivoci senza elementi concreti".
Al di là di questo aspetto ad esser ancor più scandalose sono le prove non considerate, le omissioni, i depistaggi, gli spunti investigativi messi da parte in maniera quantomeno superficiale.
Eppure già le foto della morte di Attilio raccontavano di un uomo che è stato ucciso.
Basta vedere la sua immagine mentre è adagiato sul piumone del letto matrimoniale. Addosso ha solo una maglietta, mentre il resto è nudo. Il corpo è pieno di ecchimosi, il setto nasale appare deviato, il volto tumefatto, le labbra gonfie e poi ci sono quei due buchi al braccio sinistro quando è noto che Attilio Manca fosse un "mancino puro".
'No, non è stato un suicidio' urlano le oltre 130 pagine della relazione.
Un dato, questo, rafforzato anche dalla certezza che le indagini condotte dalla procura di Viterbo sono state svolte con "profonda superficialità" con gli inquirenti che hanno agito con atteggiamento "precostituito" e "approntato alla conferma della tossicodipendenza - e quindi del suicidio - della vittima, più che alla ricerca, scevra da pregiudizi, della verità".
Tutti i sospetti, i dubbi e “lacune investigative” nelle indagini sulla morte del giovane urologo sono stati riportati con dovizia dalla commissione parlamentare antimafia.
Ma perché si è fatta così tanta fatica ad approfondire certi elementi, facendo finta di nulla o nella peggiore delle ipotesi nascondendo i fatti sotto al tappeto delle archiviazioni? Dobbiamo pensare che anche una certa magistratura, per opportunità o compiacenza, sia complice di quel sistema di potere che non vuole la verità?
Le prove raccolte in questi anni sono più che sufficienti affinché non più quella di Viterbo, ma la Procura di Roma, oggi diretta da Francesco Lo Voi, possa aprire un fascicolo sull'omicidio di Attilio Manca.

Tratto da: antimafiaduemila.com

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