Martedì 29 Aprile 2025
Attilio Manca urologo

La presentazione del libro del professore Luciano Armeli a San Donà di Piave

di Luca Grossi

Umiliare i famigliari, impedirgli di parlare, di testimoniare in tribunale; impedire alla verità di emergere affogandola in un velenoso mare fatto di menzogne, di tracotanza e di piogge acide.
Il sentiero che porta alla verità sulla morte di Attilio Manca, famoso urologo siciliano trovato morto nel suo appartamento a Viterbo il 12 febbraio del 2004, è costellato da una miriade di questi elementi poc’anzi elencati.
Il centro è sempre lo stesso, Barcellona Pozzo di Gotto, quella cittadina nel messinese che ha, suo malgrado, ospitato i boss Bernardo Provenzano e Nitto Santapaola mentre erano latitanti.
Anche il telecomando fornito per la strage di Capaci iniziò il suo percorso proprio da Barcellona Pozzo di Gotto.
Terra impietosa; molti gli onesti, sia chiaro, ma coloro che uccidono lo fanno con la convinzione di essere intoccabili.
E come non potrebbe essere così. “Per quindici anni, per Attilio, la procura di Viterbo si è ostinata a perseguire la pista del tossicodipendente”.
Ma la presunta pusher è stata assolta con formula piena.
Luciano Armeli Iapichino, docente di Filosofia e Storia e membro della Commissione Cultura della Fondazione Caponnetto a Firenze, nonché Cavaliere della Repubblica Italiana, ha raccontato questo e altri dettagli di questa assurda vicenda durante la presentazione del suo libro “Le vene Violate” (Armenio ed.) tenutasi ieri a San Donà di Piave, il paese veneto che ha visto la nascita di Attilio, quel 20 febbraio 1969.

Con lui il fratello di Attilio, Gianluca Manca, l’attrice Annalisa Insardà e Stefano Ferraro, consigliere comunale con delega alle attività culturali nonché amico d’infanzia di Attilio.
Ma se il fallimento della procura di Viterbo non dovesse bastare c’è anche la buona vecchia logica che può venire in soccorso al buon senso: “Il giorno della sua morte doveva fare dieci interventi e la sera doveva incontrare il suo mentore, il professore Gerardo Ronzoni”. Come poteva operare con l’eroina nel sangue? Come potevano i suoi colleghi non accorgersene? I buchi nel braccio si vedono mentre Attilio si sarebbe cambiato d’abito. E come dimenticare che era mancino puro?
“I punti oscuri sulla storia di Attilio sono talmente tanti e ripugnanti che ogni volta devo trovare un equilibrio per accettare una verità mancata” ha detto Armeli ricordato che nonostante la magistratura è stato prodotto un documento da cui la verità esce in tutta la sua crudezza.
“La commissione parlamentare della scorsa legislatura, all’unanimità, lo ha dichiarato vittima di mafia, in accordo con la Procura di Roma, che ora sta indagando e potrebbe darci qualche novità”.
“Quello che ci viene raccontato è nelle carte, non sono opinioni” - ha detto Stefano Ferraro - “Questo è importante che ce lo diciamo, perché dobbiamo essere obiettivi e non possiamo parteggiare per nessuno, indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni o dalle opinioni personali. La relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, votata all’unanimità da tutti i gruppi parlamentari – destra, sinistra e centro – afferma che, secondo la Commissione d’inchiesta antimafia, quello di Attilio Manca è un omicidio di mafia. Vi ricordo, per chi magari non lo sapesse, che le commissioni parlamentari d’inchiesta hanno gli stessi poteri della magistratura, gli stessi poteri investigativi, e quello che scrivono non è una sentenza, ma è il risultato di un’indagine condotta con lo stesso rigore della magistratura. Questo è giusto, perché è un dato oggettivo”.

Con le inchieste della procura di Roma, se dovesse esserci un processo si scuoterebbero le coscienze, ancora una volta, di chi ha ucciso Attilio. Ed è qui che arrivano le piogge acide: “C’è qualcuno che pensa di versare sostanze tossiche nel giardino di Angela Manca ancora oggi, nell’indifferenza della società barcellonese? Una domanda semplice: che motivo c’è? C’è ancora qualcuno che teme la verità su Attilio? C’è stato un indagato, assolto in primo grado”. Le sentenze vanno rispettate, ma “leggere quella motivazione di assoluzione fa male”.
Ma la verità, ad oggi, è sotto gli occhi di tutti: “Attilio è stato ucciso dalla mafia, per una volontà segreta partita dai salotti pseudo-perbene di Barcellona Pozzo di Gotto” ha detto il fratello Gianluca Manca ripercorrendo la ‘strana’ storia dell’impronta del cugino di primo grado, Ugo Manca.
A Natale 2003 fu a casa del fratello Attilio con i genitori, ma le loro impronte non furono rilevate dopo la sua morte, avvenuta a febbraio 2004. Anche le impronte di sei amici presenti a una cena una settimana prima del decesso non risultarono. Tuttavia, un’impronta sullo sciacquone del bagno, appartenente al cugino Ugo Manca, è stata trovata. Nonostante i termosifoni a 30 gradi e due mesi di docce, quell’impronta è rimasta, mentre altre sono svanite, un fatto inspiegabile, dato che la scientifica sostiene che le impronte svaniscono in 24 ore a quelle condizioni.

Perché nessuno ha indagato ulteriormente?
“Se la verità su mio fratello non emerge, non è per mancanza di prove – abbiamo nove testimoni che confermano che Attilio è stato ucciso dalla mafia per aver curato Provenzano – ma perché ci sono ancora persone di un certo spessore, appartenenti a forze dell’ordine, magistratura e politica, che occupano poltrone in modo indegno. Finché queste persone, che io so chi sono, continueranno a farlo, la verità su Attilio e sulla trattativa Stato-mafia non verrà a galla”.

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Tratto da: antimafiaduemila.com

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