Martedì 10 Dicembre 2024

di Lorenzo Baldo
Un servizio tanto atteso quello di ieri sera de “Le Iene” sul caso di Attilio Manca. Che non ha disatteso le aspettative. Nella minuziosa ricostruzione di Gaetano Pecoraro (realizzata assieme a Nicola Remisceg ed Elisa Finocchiaro) sfilano uno dopo l’altro i principali protagonisti di questo mistero italiano. Dopo le testimonianze accorate degli anziani genitori Gino e Angelina, sono i due legali della famiglia Manca, Antonio Ingroia e Fabio Repici, a spiegare nel dettaglio le anomalie di questo omicidio camuffato da suicidio a base di droga. Si parte dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in particolar modo l’ex picciotto Giuseppe Campo che arriva ad accusare il cugino di Attilio, Ugo Manca, di essere tra i killer del giovane urologo. E’ la volta poi dell’ex boss Carmelo D’Amico che inquadra la morte del medico siciliano all’interno di un disegno criminale formato da Cosa Nostra e Servizi segreti. E sono anche gli ex colleghi di Attilio Manca, tra cui il prof. Massimiliano De Vecchis, a descrivere il suo mancinismo puro che non gli avrebbe mai consentito di iniettarsi due dosi di eroina nel braccio sbagliato, evidenziando l’assoluta infondatezza di una sua ipotetica tossicodipendenza. Per l’esperto tossicologo Salvatore Giancane, osservando le fotografie del corpo di Attilio Manca emergono chiaramente le incongruenze di quella che non appare minimamente come la classica morte per overdose. Il dott. Giancane evidenzia subito l’assenza di altri fori sul cadavere, mentre degli unici due fori ritrovati uno appare “sfrangiato” come se fossero stati fatti “vari tentativi (di iniezione, ndr) mentre la persona si muoveva, mentre tentavano di incannularla”. Per il tossicologo, di tanti mancini che si iniettano eroina nessuno lo fa “contro mano”. In sostanza per il dott. Giancane “l’overdose cercata si chiama suicidio o omicidio”.

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E per uno come Attilio Manca, letteralmente innamorato della vita, che pochi giorni prima di essere ritrovato morto aveva prospettato ai genitori la proposta di accendere un mutuo per comprarsi una casa, l’idea di un suicidio era quanto di più lontano dai suoi pensieri. Dello stesso avviso il vicepresidente della Commissione antimafia Luigi Gaetti che a suo tempo aveva definito “infame” l’esame autoptico effettuato dalla dottoressa Dalila Ranalletta. Davanti alle telecamere l’ex consulente della procura di Viterbo tenta malamente di difendere il suo primo referto nel quale mancava l’ora del decesso e quello successivo nel quale veniva retrodatato l’orario della morte lasciando aperto il campo delle ipotesi tra le 24 e 48 ore precedenti. Certo è che il medico del 118, giunto a casa di Attilio Manca poco prima delle ore 12 del 12 febbraio 2004, aveva stabilito che dal momento del decesso a quello del ritrovamento del cadavere erano trascorse 12 ore. Poi però a telecamere abbassate la Ranalletta si lascia sfuggire un commento a caldo: “L’unica cosa che a me ha lasciato veramente perplessa è sapere che lì non sia stata trovata la siringa con le sue impronte, il laccio, questo mi pare piuttosto sospetto. Come fai a farti una cosa del genere senza laccio, mi pare difficile”. Non male per chi ha sempre individuato nell’overdose di eroina l’unica causa della morte del giovane urologo.
“Qual è il suo ruolo nella morte di suo cugino”, chiede quindi l’inviato de “Le Iene” a Ugo Manca, la sua reazione si commenta da sola. Ugo Manca si innervosisce, scappa via in macchina, poi si ferma, accenna alla possibilità di un incontro allo studio del suo avvocato e poi fugge ancora nel traffico facendo perdere le sue tracce. Stesso nervosismo da parte dell’ex amico fraterno di Attilio, Lelio Coppolino, che non accetta di rispondere alle domande di Gaetano Pecoraro. Vale la pena ricordare che Lelio Coppolino è figlio di Vittorio Coppolino che, secondo la testimonianza di Angelina Manca, una settimana dopo la morte del medico siciliano (quando ancora nessuno, compresi i magistrati, era a conoscenza dell'operazione di Provenzano a Marsiglia) avrebbe detto ai genitori del dottor Manca: “Siete sicuri che Attilio non sia stato ucciso perché ha operato Provenzano?”.

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Dal canto suo Vittorio Coppolino ha sempre negato di essersi rivolto ai coniugi Manca con quelle precise parole. Sullo sfondo è rimasta l’ipotesi che il giovane urologo abbia potuto confidare qualcosa al suo vecchio amico Lelio e che quest’ultimo lo abbia riferito al proprio padre. Coppolino jr, così come ricorda l’interrogazione parlamentare dei 5 Stelle, “prima smentisce ‘categoricamente’ la tossicodipendenza di Attilio Manca e diversi anni dopo la afferma con decisione, senza che gli inquirenti si pongano il perché di tali ritrattazioni”. Lelio Coppolino è di fatto tra i grandi accusatori di Attilio Manca, ma è anche sotto processo per falsa testimonianza al processo per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano.
Chi accetta invece di rispondere alle domande del giornalista Pecoraro è il pregiudicato Rosario Pio Cattafi, condannato in primo grado a 12 anni per la sua appartenenza a Cosa Nostra e per il suo ruolo nevralgico di trait d’union tra mafia, massoneria e colletti bianchi. Quella condanna è stata poi ridotta a 7 anni in appello in quanto i giudici hanno escluso l'aggravante del ruolo di capo promotore, seppur riconoscendolo comunque colpevole, in quanto semplice affiliato, per le condotte tenute sino al 2000. La Cassazione ha quindi annullato quella condanna rinviando le carte a Reggio Calabria per un nuovo processo. All’interno di una follia tipicamente italiana Rosario Pio Cattafi è passato dal 41 bis alla piena libertà nella sua città. Che è la stessa di Attilio Manca e cioè Barcellona Pozzo di Gotto (Me), ed è lì che l’inviato de “Le Iene” lo riesce a individuare per strada mentre rientra da una passeggiata come un comune pensionato. Non si nega alle telecamere, Cattafi, ma reagisce con stizza quando parla dei pentiti che lo accusano di aver avuto un ruolo nella morte di Attilio Manca, per poi accusare in maniera strisciante chi chiede un risarcimento come vittima di mafia.

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“Ma davvero lei ha ceduto l’ultima dose di eroina ad Attilio Manca?”, chiede Gaetano Pecoraro a Monica Mileti, la cinquantenne romana condannata a 5 anni e quattro mesi per la morte del giovane urologo. “Ma dai, finiamola, veramente - replica la donna visibilmente infastidita -. L’avvocato mi ha detto di non parlare con nessuno”. All’osservazione dell’inviato de “Le Iene” sulla condanna che ha appena ricevuto, la Mileti è alquanto esaustiva: “Sì, perché non sanno a che attaccarsi… perché vogliono trovare un capro espiatorio. Perché probabilmente non avranno trovato qualcosa di grosso a cui attaccarsi”. Tornano in mente le sue stesse parole di un paio di anni fa; rintracciata telefonicamente si era limitata ad un commento alquanto esauriente. “Io Attilio l’ho amato, ma ora basta, mi lasci vivere... mi ha creato così tanti problemi averlo visto quel giorno e aver accettato quel passaggio...”. E proprio alla domanda se si rendesse conto di essere una sorta di “capro espiatorio” dietro il quale si nascondono altre persone, aveva alzato la voce per affermare con convinzione: “Sì, lo so…”. E dopo aver insistito sul punto: “È il momento di parlare, lo faccia per un padre e una madre che rischiano di morire prima ancora di avere un brandello di verità”, questa donna era rimasta un attimo senza parlare. Poi però erano state le sue paure ad avere il sopravvento facendola ripiombare in un silenzio assoluto. Che non è stato scalfito neanche questa volta per l’evidente timore di quello che ha definito “qualcosa di grosso” che possibilmente sta dietro l’omicidio di Attilio Manca. Qualcosa a cui alla Procura di Viterbo non ha mai dato credito, così come sintetizza l’ex pm Renzo Petroselli ai microfoni di Gaetano Pecoraro. Che chiude il suo ottimo servizio con un’amara osservazione: “D’altronde, in Italia, quando c’è di mezzo Provenzano e la trattativa Stato-mafia, è meglio non approfondire...”. Cambia immagine e torna in primo piano il dolore dignitoso di Angelina Manca: “Spero che qualcuno, un giorno, possa trovare la verità”, conclude questa donna segnata nel fisico e nell’anima, che si ostina a chiedere giustizia, intanto sullo schermo compare un vecchio video di Attilio mentre balla felice.

Tratto da: antimafiaduemila.com

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