di Miriam Cuccu - Foto
Ingroia alla presentazione del libro: “Un esposto alla Dna per coordinare le due procure”
“Vivere affianco alla famiglia Manca, dormire nella camera di Attilio, è stata un'immersione che è andata oltre la scrittura. Lì ho percepito la sua presenza e il suo incrollabile amore per la vita”. Così nasce “Suicidate Attilio Manca”, il libro edito da Imprimatur e scritto da Lorenzo Baldo, vicedirettore di Antimafia Duemila, sulla storia dell'urologo di Barcellona Pozzo di Gotto trovato morto l'11 febbraio 2004. Una morte che doveva passare come il suicidio di un drogato (la causa del decesso fu un mix di droga, alcool e tranquillanti) ma che in realtà fu “un omicidio di persone perbene”, ovvero “un omicidio di Stato”. Così l'ha definito Antonio Ingroia, legale della famiglia Manca insieme a Fabio Repici. Entrambi ieri sono intervenuti alla prima presentazione del libro (organizzata dall’Associazione nazionale amici di Attilio Manca e dall’Associazione Culturale Falcone e Borsellino) proprio a Barcellona, con Luciano Mirone, giornalista, scrittore e autore di un altro libro su Attilio (“Un suicidio di mafia”), Gianluca Manca, fratello di Attilio, Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, e lo stesso Baldo. All'incontro, presenti anche i familiari di Graziella Campagna con Cettina Parmaliana. “Un morto di eroina non ha il volto tumefatto, il setto nasale deviato, o i testicoli gonfi - commenta il giornalista Giuseppe Lo Bianco, che modera la presentazione intervallata dall'attore Michelangelo Zanghì, che legge alcuni passi del libro - si tratta di un delitto che si iscrive probabilmente nelle pagine ancora oscure della latitanza di Bernardo Provenzano”, proprio perché sempre più circostanze indicano che Attilio lo operò a Marsiglia “e nella continua e forse mai tuttora interrotta trattativa tra Stato e mafia”.
Dalla Procura di Roma competente sul caso, afferma Ingroia, ancora “non abbiamo risposte” e fa quindi un annuncio: “Domani (cioè oggi, ndr) depositeremo un esposto alla Procura nazionale antimafia” chiedendo “il coordinamento tra i due uffici giudiziari, quello di Messina (che ha raccolto importanti dichiarazioni di pentiti sul caso Manca, ndr) e quello di Roma (che vanta la competenza, ndr) affinché si scambino informazioni e si muovano verso lo stesso obiettivo. Finora hanno lavorato in maniera scordinata”. Poi l'appello al Presidente della Repubblica: “Mattarella vuole passare alla storia come un Capo dello Stato pilatesco come il suo predecessore? - domanda Ingroia - questa è un'occasione per dimostrare di essere diverso da Napolitano se anche lui, in quanto familiare di una vittima di mafia, sente l'esigenza di pretendere verità e giustizia”. “Questa è una vicenda secolare - dichiara ancora l'ex pm - del rapporto tra stato italiano e poteri criminali” dove per l'omicidio Manca “la mafia ne ha beneficiato più che averlo organizzato ed eseguito” e questo libro “oltre a fare il punto aggiornato della situazione narra anche di una famiglia squarciata dal dolore e, ancora di più, per una giustizia negata ripetutamente. C'è un lungo elenco di archiviazioni, insabbiamenti e depistaggi che definisco genetici perchè partiti fin dal ritrovamento del corpo”. Dove, evidenzia Mirone, “non ci sono solo un setto nasale deviato e i due buchi nel braccio sinistro di un mancino puro. Ma anche un'ecchimosi da afferramento che non vede solo chi non vuol vedere”. E' quanto è stato detto al giornalista dal medico legale al quale Mirone ha sottoposto le foto: “Secondo la sua ricostruzione - ripercorre il cronista - prima c'è stato l'afferramento del polso, poi viene portato indietro il braccio, un pugno al volto e contemporaneamente un colpo ai testicoli. Le cause della morte potrebbero essere due: per soffocamento contro una superficie oppure l'overdose”. In più, aggiunge, “l'autopsia data il decesso dalle 12 alle 48 ore prima, ma il sangue ancora fluido sul pavimento (è sempre la ricostruzione del medico legale, ndr) prova che Attilio era morto al massimo un'ora prima del suo ritrovamento”.
“Attilio era il migliore urologo - ricorda Bongiovanni - e le organizzazioni criminali cercano sempre i migliori medici, i migliori avvocati e politici. Solo che questo medico, ecco cosa non si aspettava la mafia, era onesto. E in quegli anni c'era un vero e proprio accordo tra Stato e mafia sul mantenimento della latitanza di Provenzano. Negli anni sono molti gli episodi in cui si intravedono queste 'mani di Stato', dalla scomparsa della valigetta di Carlo Alberto dalla Chiesa all'agenda rossa di Paolo Borsellino. Significa che dietro questi assassinii ci sono segreti di Stato così indicibili che nessun governo si sente di rivelare”. E Barcellona Pozzo di Gotto, in questa vicenda, c'è dentro sino al collo: “A Palermo - afferma Repici - si fa la trattativa tra due entità diverse. Qui non c'è bisogno perchè l'entità è la stessa”, parlando delle dichiarazioni del pentito Carmelo D'Amico sul caso Manca e del pedegree di Rosario Pio Cattafi, “uomo d'onore e dei servizi segreti, passato dal 41 bis alla libertà”. Cattafi a onor del vero, prosegue il legale “non è l'unico mafioso libero a Barcellona. C'è anche Angelo Porcino, la persona di cui Attilio Manca chiede ai genitori dieci giorni prima di morire”. E poi, si chiede Repici, “è un caso che da quando è stato scarcerato Cattafi si sono fermati i pentimenti dei boss barcellonesi?”. “Questo libro - aggiunge poi - è importante perchè consente di scavare nelle pieghe della vita e del dolore di tre persone, la mamma Angela, il papà Gino e il fratello Luca, in un modo che finora non era stato reso del tutto possibile. Il dolore di una madre per un figlio - evidenzia Repici - è il più forte e nobile grido di verità e giustizia che la nostra nazione abbia conosciuto”, e Angela Manca “è lo spirito forte dell'intera famiglia, colei che si è caricata sulle spalle il peso maggiore di questa vicenda”.
Conferma Gianluca Manca: “In questo libro metto a nudo molte circostanze, insieme al rammarico che prova un figlio nel vedere i propri genitori passare dodici anni senza ottenere verità e giustizia. Il libro di Lorenzo Baldo ha ridato non solo dignità ad Attilio, ma anche a noi la possibilità di ripercorrere tutti i passaggi. Ciò che ha fatto più male è stato comprendere ancora di più l'atteggiamento silente di Barcellona, che ancora oggi vedo assente (a parte l'ex sindaco Maria Teresa Collica, intervenuta per i saluti insieme al sindaco di Messina Renato Accorinti, ndr) anche sei i cambiamenti si sono visti. Oggi - continua - voglio e pretendo giustizia non soltanto come fratello, ma anche come cittadino barcellonese e italiano, perchè ciò che è accaduto alla mia famiglia poteva succedere a chiunque”. “Speravo di riuscire a trasmettere il loro dolore e la loro pretesa di giustizia - racconta Baldo, ripercorrendo le tappe del libro - da familiari, amici, colleghi di Attilio mi è stata trasmessa la sua bontà d'animo, insieme al vuoto che lasciano le persone vere. Sono stato anche costretto a far rivivere certi dolori sopiti e la grande solitudine vissuta dalla famiglia in questa città, disgraziata ma anche con una voglia di riscatto”. Nel libro sono contenute anche le dichiarazioni di Monica Mileti, unica imputata per aver ceduto la droga ad Attilio: “Se ha così paura di dire la verità cosa c'è dietro? - si chiede Baldo - Ho cercato di far capire, con spirito pasoliniano, che ci sono tanti pezzi scomposti di questo puzzle, e che bisogna fare in modo di collegarli. E' un mistero che abbiamo il dovere morale di risolvere”.
Tratto da: antimafiaduemila.com