Venerdì 19 Aprile 2024

di Miriam Cuccu - Audio
L'attacco a Messina Denaro: “Arrestato quando 'scadrà' il contratto con lo Stato”

Il dolore di una madre riesce, per sua natura, a spingersi oltre muri di gomma e mulini a vento, arrivando a smuovere le coscienze omertose o addormentate. È ciò che è accaduto tra Angelina Manca e Giuseppe Campo: lei madre di Attilio, medico il cui assassinio è passato per suicidio da overdose lui pentito ed ex mafioso del messinese, che ha rivelato come inizialmente avrebbe dovuto sparare all'urologo di Barcellona Pozzo di Gotto.
“Ora, finalmente, posso dire che mio figlio è stato ammazzato” è la frase shock pronunciata da Angelina alla presentazione del libro del vicedirettore di Antimafia Duemila, Lorenzo Baldo, “Suicidate Attilio Manca” (edizioni Imprimatur) in quella Castelvetrano tristemente famosa per aver dato i natali a Matteo Messina Denaro, ultimo boss latitante di alto rango in Cosa nostra. “Credo che il dolore di una madre, quando si sente e si tocca, faccia capire ciò che una famiglia prova. Ma anche i mafiosi e le persone che consideriamo malvagie hanno un cuore. Mi auguro che dopo Campo altri pentiti possano parlare” dice la signora Manca, in collegamento, all'evento moderato dal giornalista Rino Giacalone.
Angelina sa bene il doloroso percorso con cui “si trasforma la sofferenza in impegno”, soprattutto “facendo conoscere ai giovani la realtà in cui viviamo”, e ricorda come “mi sono sentita morire pensando che mio figlio fosse stato tradito e ucciso” ma anche “la liberazione” alla conferma che “non è stato Attilio a provocare la propria morte”. Accanto al suo dolore c'è il silenzioso tormento del marito, Gino. Guidato, precisa Baldo, da una “una lucida consapevolezza” che lo porta ad essere “convinto di morire senza un brandello di verità” sulla morte di quel figlio che sempre più circostanze indicano essere correlata con la protezione della latitanza di Bernardo Provenzano. “Il suo dolore non aveva sfogo ed è stato difficile trascriverlo, ma deve rimanerne traccia. – commenta Baldo – Il nuovo pentito ha dato vigore alle indagini (a Roma è stato aperto un fascicolo, contro ignoti, per omicidio, ndr) ma il timore è che si possa arrivare all'archiviazione” di quello che “appare come un mistero italiano, se messi insieme tutti i tasselli”, indagini e depistaggi compresi.

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“Abbiamo sempre pensato di combattere un'organizzazione criminale anti-Stato. – riflette Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia DuemilaMa in realtà è parte dello Stato, un sistema di potere all'interno di un altro più ampio”. E su Attilio Manca: “È stato un assassinio preventivo, probabilmente si è reso conto che Provenzano era un uomo dello Stato”. Poi la stoccata a Messina Denaro: “Non lo trovano, così come non trovavano Provenzano per quarant'anni, nonostante sia a casa sua. Perché è superprotetto da affiliati, cittadini impauriti e istituzioni. Che, più che trattare, con la mafia, fanno patti, con Provenzano prima e Messina Denaro poi. Solo quando il contratto 'scadrà' sarà arrestato. Gli hanno sequestrato 5 miliardi di euro in patrimonio e non ha battuto ciglio” e questo perché “è al soldo dei poteri occulti del nostro Paese”.
“Questa è un'occasione per dichiarare a Messina Denaro e ai suoi sodali, ai professionisti incensurati che lo proteggono, che non può durare in eterno. – aggiunge Baldo – siamo in una fase storica dove i mezzi di informazione, salvo rare eccezioni, omettono le notizie, gran parte dell'opinione pubblica è male informata e anestetizzata, e sotto i nostri occhi continuano a passare questi ricatti. Uno status quo che siamo condannati a rivivere fino a quando non ci ribelliamo: è qui che si inserisce quell'atto rivoluzionario che è chiedere verità. Anche il caso di Attilio Manca approdò a Castelvetrano: un infermiere contattò la famiglia Manca sostenendo che in questa città Attilio avrebbe visitato un anziano che a suo dire sarebbe stato Bernardo Provenzano, ma l'indagine non portò da nessuna parte” commenta, ammonendo poi la “primula rossa” del trapanese con le parole del giornalista Nicola Biondo: “Quante persone 'perbene' a cui hai fatto fare fortuna avrebbero buon gioco a negare? Quanti geometri, avvocati, notai, quanti medici, assessori, dirigenti locali e regionali, direttori di banca e imprenditori dopo averti 'usato' oggi potrebbero dire davanti alle tue accuse 'mi ha minacciato per ottenere qualcosa ma io non volevo'. Ecco l'eredità che lasci. Una banda di sanguisughe. Che vivranno liberi e faranno magari pure gli antimafiosi e ti sputeranno in faccia pubblicamente. Ecco perché anche tu sai di essere morto”.

Ascolta l'audio integrale della presentazione: clicca qui!

Tratto da: antimafiaduemila.com

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