di Lorenzo Baldo
A breve la decisione sull’archiviazione del caso Manca. Parla la madre del giovane urologo
E’ questione di pochissimi giorni. Il prossimo 14 giugno il Gip romano Elvira Tamburelli deciderà se archiviare o meno l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca. Al telefono la madre del giovane urologo trovato morto il 12 febbraio 2004 è prostrata da un dolore che consuma lentamente lei, suo marito Gino e suo figlio Luca. Angelina è stanca, sfinita. Ma non per questo meno combattiva. “In questo momento sono molto in ansia, spero che il giudice Tamburelli, della cui serietà ho letto molto, mi dia quelle risposte che in questi anni non sono riuscita ad avere. Spero che finalmente si apra un procedimento per omicidio. Dopo tutto questo tempo è veramente vergognoso, deludente e soprattutto doloroso sentire ancora parlare del suicidio di Attilio causato da una overdose. E questo nonostante tutte le prove emerse assieme alle dichiarazioni dei pentiti che parlano invece di un omicidio. Alla dottoressa Tamburelli chiedo umilmente di arrivare a comprendere - come magistrato, ma anche come donna e come madre - quello che può provare una madre nell’aver perso un figlio nel peggiore dei modi, con brutalità, violenza e malvagità, per poi vedere infangata quotidianamente la sua memoria. A questo giudice chiedo di aiutarmi a restituire dignità e giustizia per mio figlio. Le chiedo di stabilire una volta per tutte che si tratta di un omicidio, al di là del fatto che poi si riesca o meno ad individuare i colpevoli. Se - una volta per tutte - verrà scritto, a lettere di sangue… quello di Attilio... la parola omicidio, allora sì sarà un giorno di liberazione per la mia famiglia”.
Alcuni mesi fa contro questa possibile archiviazione si sono mobilitate oltre 30.000 persone - tra cui noti personaggi del mondo della cultura, della politica e dell’associazionismo antimafia - che hanno firmato una apposita petizione (inizialmente indirizzata alla Procura di Roma e successivamente inoltrata da Ingroia e Repici al Gip Tamburelli). Riflettendo sulla ragione per la quale tanta gente si è unita a questo appello, Angelina non ha dubbi. “L’opinione pubblica ha capito quello che un sistema di potere non vuole vedere. Spesso quando sono in giro la gente mi ferma per strada e mi dice: ‘signora vada avanti nella ricerca della verità, noi siamo con lei’. Assieme a quei 30.000 firmatari sono tantissimi gli italiani onesti che credono nella verità, nella giustizia e che lottano assieme a noi. Purtroppo, però, sembra che da buona parte della politica (salvo rare eccezioni) e della magistratura ci sia qualcuno che vuole nascondere la verità. E’ un fatto notorio che in questi anni abbiamo assistito a una serie di depistaggi, omissioni, insabbiamenti...”. Non ci gira attorno la madre di Attilio Manca, e tra le recenti delusioni evidenzia con grande amarezza la relazione di maggioranza della Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi. “E’ stata la cosa più vergognosa che mi potessi immaginare”, afferma con forza. “Ricordo quando l’on. Bindi ci ha convocato a Messina nel 2014. Poi ricordo che si è ulteriormente informata sul caso di Attilio, anche andando a vedere le fotografie del corpo di mio figlio, soprattutto quell’immagine dove si vede il setto nasale che appare deviato. A quel punto la Bindi ha escluso con forza la tesi del suicidio dichiarando che avrebbe fatto di tutto per aiutarci. E invece in quella vergognosa relazione di maggioranza di qualche mese fa, l’on. Bindi si è rimangiata tutto scrivendo che mio figlio era morto per overdose”. Certo è che nella successiva relazione di minoranza i parlamentari firmatari avevano scritto testualmente: “È evidente come la vicenda della morte di Attilio Manca segni un vero e proprio fallimento nell’accertamento della verità dato che, dopo 14 anni, vi sono ancora troppi interrogativi aperti”. Dal canto suo il tossicologo bolognese Salvatore Giancane ha affermato che per il caso Manca c’è stata una “ricostruzione irragionevole e inverosimile di morte per droga”. Parole decisamente importanti per Angelina: “Spero fortemente che vengano valutate attentamente tutte le considerazioni del dott. Giancane. Che ha studiato in maniera approfondita la documentazione sulla morte di mio figlio. Di una cosa sono sicura: finchè vivrò non mi fermerò mai per avere verità e giustizia. Sono convinta che prima o dopo questa verità arriverà. E’ solo una questione di tempo”.
Tra i motivi dell’opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Rom i legali della famiglia Manca (Fabio Repici e Antonio Ingroia) hanno chiesto al Gip di iscrivere nel registro degli indagati Ugo Manca, cugino del giovane urologo, e il condannato in appello per mafia Rosario Pio Cattafi. In questo modo hanno chiesto di investigare su di loro e su altri protagonisti di questo omicidio come l’ex poliziotto Giovanni Aiello, detto “faccia da mostro”. Per la madre di Attilio è indubbiamente il primo passo da fare. “Dopo una settimana dall’omicidio di mio figlio, agli investigatori abbiamo fatto il nome di Ugo Manca tra quelli che avevano destato i nostri sospetti. All’epoca non sapevamo che fosse stata ritrovata la sua impronta palmare nell’appartamento di Attilio, così come è risultato dopo. Appena abbiamo iniziato a parlare di un possibile coinvolgimento della mafia e a sospettare di lui, il cugino di Attilio si è immediatamente allontanato da noi iniziando ad avere un atteggiamento totalmente ostile nei nostri confronti. Ecco perché ritengo che sia la prima persona su cui indagare. Sicuramente poi bisognerebbe investigare su Rosario Pio Cattafi che alcuni pentiti indicano proprio come il mandante dell’omicidio di mio figlio. Per quanto riguarda Giovanni Aiello “faccia da mostro” è decisamente singolare che sia morto in prossimità di un suo interrogatorio nel quale probabilmente gli sarebbero state rivolte domande anche su mio figlio. Personalmente non ho mai creduto che la sua morte sia dovuta ad un infarto. Credo fermamente che lui abbia avuto un ruolo nell’omicidio di Attilio che, a mio parere, è del tutto evidente sia stato commesso dai Servizi segreti. Non ci sono impronte sulle siringhe e non sono state lasciate tracce, sembra proprio un omicidio di questo tipo, commesso da persone molto esperte”.
Secondo la madre di Attilio Manca bisognerebbe investigare anche su quella ricetta medica firmata da Attilio relativa al Policlinico militare del “Celio” di Roma (Dipartimento Patologia Nefro-Genito-Urinaria), il cui reparto di Urologia era stato diretto per anni dal professor Antonio Rizzotto. “Bisognerebbe capire perché la moglie del professor Rizzotto (Dalila Ranalletta, ndr) ha fatto l’autopsia a mio figlio e poi bisognerebbe capire chi era il paziente che Attilio ha visitato all’ospedale del ‘Celio’ nel settembre del 2003. Possibilmente sarà stato un paziente indicato dal professor Rizzotto. Vorrei tanto che venissero fatte indagini approfondite sui molti dubbi che mi porto dietro da 14 anni a cui nessuno ha mai voluto rispondere”.
Alla domanda sul perchè Monica Mileti - condannata a 5 anni per aver ceduto le dosi di eroina che hanno ucciso il dott. Manca - continui a tacere, Angelina Manca non ha dubbi: “Perchè ha paura. Lo ha fatto capire lei stessa a chi ha tentato di intervistarla. Questa donna non si è mai presentata durante il processo e i suoi avvocati hanno sempre tenuto un profilo basso. Tutto ciò mi fa pensare che sia stata ‘rassicurata’ sul fatto che mantenendo questo atteggiamento non avrebbe avuto alcuna conseguenza”. Nei suoi confronti e verso chiunque altro, pur sapendo qualcosa tace, la madre del giovane urologo rivolge un appello. “A Monica Mileti e a tutti quelli che sanno quello che è successo ad Attilio, ma tacciono, vorrei chiedere di pensare a chi era mio figlio: una persona perbene, un uomo buono, sincero, onesto. A tutti loro direi di non abbandonarlo. In tutti questi anni mio figlio è stato realmente abbandonato da tanti suoi amici e colleghi, anche da chi lo ha amato… Ma io non demordo, e chiedo a queste persone di riappacificarsi con la propria coscienza e di dire finalmente tutto quello che sanno per ridare dignità ad Attilio. Chiedo loro di farlo per restituire la pace ad una famiglia che continua a vivere nell’angoscia senza un briciolo di verità e giustizia”.
“Al nuovo ministro della Giustizia - conclude Angelina -, nei confronti del quale ripongo una grande fiducia, chiedo di aiutarci, di agire con coscienza. Non posso dimenticare il dolore e l’amarezza provati dopo aver sentito l’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il quale, basandosi sulle dichiarazioni di un indagato come Salvatore Fugazzotto e di qualche altro suo sodale, riteneva la morte di Attilio provocata da una overdose… Al ministro Bonafede chiedo quindi di starci vicino in questa ricerca della verità e di non lasciarci soli come siamo stati lasciati da tanti esponenti delle istituzioni, della politica e della magistratura. Glielo chiedo come una madre che non vuole arrendersi di fronte a questa ingiustizia”.
Tratto da: antimafiaduemila.com
Foto © Emanuele Di Stefano