Venerdì 29 Marzo 2024

Analisi e spunti investigativi nella relazione tecnica depositata al Gip di Roma
di Lorenzo Baldo
Riesumate il corpo di Attilio Manca. Eccola la conclusione della relazione tecnica del tossicologo bolognese Salvatore Giancane, realizzata su incarico dei legali della famiglia Manca, Antonio Ingroia e Fabio Repici. Ieri mattina i due avvocati hanno formalizzato l’istanza davanti al Gip di Roma Elvira Tamburelli che deve decidere sull’archiviazione del caso. “Gli esami tossicologici effettuati tramite metodi gascromatografici e radioimmunologici - si legge nel penultimo capitolo del documento - hanno permesso di individuare i metaboliti di numerose droghe (e perfino dell’alcol) in reperti umani vecchi di centinaia ed anche di migliaia di anni”. La richiesta di riesumare il corpo di Attilio Manca è finalizzata quindi a “ripetere gli esami tossicologici sul capello (possibilmente in maniera segmentata, in modo da definire anche la cronologia delle eventuali pregresse assunzioni) o su altro tipo di materiale biologico (come le ossa)”. Il motivo di questa istanza è alquanto evidente: “Ciò consentirebbe di avere un’idea precisa non solo dell’eventuale generica pregressa assunzione di eroina o altre droghe, ma anche dell’epoca in cui sarebbe avvenuta e quindi delle eventuali abitudini tossicomaniche di Attilio Manca nei mesi precedenti”. Per il dott. Giancane è comunque fondamentale sottolineare che “l’eventuale riscontro di un pregresso, seppure occasionale, uso di droghe non esclude l’ipotesi che l’eroina che ha provocato il decesso di Attilio Manca sia stata iniettata dal altri. L’omicidio a mezzo overdose, dai casi precedenti a me noti, viene preferibilmente effettuato proprio nelle persone che consumano oppure hanno consumato eroina o altre droghe in passato, perché è più facile e credibile nascondere il comportamento omicida dietro l’ipotesi del decesso accidentale”. In sostanza “se l’eventuale conferma di un uso pregresso di eroina non escluderebbe l’ipotesi dell’inoculazione effettuata da altri, la sua mancanza escluderebbe l’ipotesi dell’overdose accidentale in una persona con pregresso uso di eroina, benché saltuario”. Per il tossicologo bolognese, quindi, la riesumazione del cadavere “consentirebbe un esame delle condizioni delle ossa del massiccio facciale, alla ricerca dei segni di lesioni traumatiche o microtraumatiche che possano giustificare l’emorragia da tale sede”. Al di là del fatto che per il dott. Giancane il decesso di Attilio Manca è stato indubbiamente provocato da una dose eccessiva di eroina “da strada”, per quanto riguarda l’aspetto medico-legale del caso siamo di fronte a vere e proprie “incongruenze” talmente “numerose” e “così significative”, che “portano legittimamente a dubitare fortemente che la morte sia stata accidentale, ovvero che la vittima abbia assunto la sostanza al fine di alterare il proprio stato di coscienza, rimanendo poi vittima di un errore nella valutazione del dosaggio”. Un ulteriore punto fermo nella relazione depositata al Gip riguarda le conclusioni relative all’origine polmonare dell’emorragia di Attilio Manca, per il tossicologo “sono in contraddizione con il referto dell’autopsia, la quale porta ragionevolmente ad ipotizzare che la sede dell’emorragia stessa sia da ricercare nella regione del massiccio facciale più che nel parenchima polmonare, dove invece si sarebbe realizzato un sanguinamento più modesto”. “Alla luce di ciò - ribadisce Giancane -, la riesumazione del cadavere di Attilio Manca potrebbe fornire ulteriori elementi, volti a dirimere dubbi troppo fondati per essere risolti in modo superficiale”.

Il documento
Nove punti per ridisegnare un mistero. Uno di quelli tipicamente italiani. La causa della morte di Attilio Manca è il primo focus realizzato in un terreno viscido di “incongruenze”. Un terreno nel quale il consulente tecnico cerca nuovi elementi “utili all’accertamento della verità”. Sul decesso del dott. Manca non c’è alcun dubbio: “E' da attribuirsi soprattutto all’eccesso di effetto farmacologico dell’eroina ed alla depressione respiratoria che ne consegue”.

giancane salvatore c federico de marco

Salvatore Giancane © Federico De Marco


La durata degli effetti dell’eroina
“Qualora l’eroina venga iniettata nel circolo venoso - si legge nel documento -, i livelli plasmatici massimi si raggiungono in genere entro un minuto. Questo picco corrisponde, da un punto di vista soggettivo, a quello che gli eroinomani definiscono flash, ovvero uno stato di piacere ed, al tempo stesso, di stordimento estremo della durata di alcuni minuti. Questa fase corrisponde anche a quella in cui l’effetto farmacologico dell’eroina è più intenso ed anche a quella in cui, in caso di overdose da somministrazione per via endovenosa, sopravviene in genere la perdita di coscienza”. Per il tossicologo bolognese è fondamentale specificare questo aspetto per smontare la tesi della doppia inoculazione volontaria di eroina da parte di Attilio Manca. “Esaurito lo stordimento estremo del flash, l’effetto dell’eroina iniettata per via endovenosa rimane comunque molto intenso e come tale si prolunga per circa 4 ore. La lunga durata d’azione, associata al senso di soddisfazione/gratificazione che seguono la sua assunzione, fanno si che con l’eroina, a differenza di quanto accade con altre droghe (prima fra tutte la cocaina) non si osservi praticamente mai il fenomeno del ‘redosing’, ovvero dell’assunzione di una nuova dose a breve intervallo dalla precedente e comunque prima che si sia completamente esaurito l’effetto di questa”. L’assunzione di una nuova dose a causa dell’euforia indotta dalla prima “sarebbe un comportamento in contraddizione con gli effetti dell’eroina stessa e con il senso di gratificazione ed appagamento prolungato che conseguono alla sua assunzione”. Secondo gli studi citati nella relazione, i tossicodipendenti abituali “solitamente assumono eroina 2-3 volte al giorno, con intervalli di 8-12 ore fra le assunzioni. In ogni caso, la persona effettua una nuova assunzione quando si è completamente esaurito l’effetto della dose precedente e sono già comparsi i primissimi sintomi dell’astinenza”. Per quanto riguarda invece gli assuntori saltuari “solitamente utilizzano l’eroina una sola volta nella giornata in cui decidono di farlo” in quanto “la mancanza di una condizione di tolleranza fisica agli effetti dello stupefacente, favorisce un effetto farmacologico più potente e prolungato, con una maggiore gratificazione”.

Il fattore tempo
“La morte per overdose da eroina non è quasi mai immediata - scrive Giancane - ma sopravviene in genere da una a tre ore dopo la perdita di coscienza. Esiste quindi una fase di agonia di durata variabile, ma comunque significativa, durante la quale nella persona incosciente subentra progressivamente l’insufficienza respiratoria (dovuta alla depressione dei centri nervosi che controllano la respirazione), che è la causa principale del decesso. Questo intervallo di tempo è lo stesso che consente, qualora vengano allertati in tempo i soccorsi, di salvare la persona in overdose, somministrandole il farmaco antagonista (naloxone), che agisce come un antidoto”. Nella relazione viene evidenziato che in base ai risultati degli esami tossicologici, il prof. Fabio Centini (incaricato dalla Procura di Viterbo) ha “correttamente ipotizzato” che nel caso Manca il decesso “sia sopravvenuto a distanza dalla somministrazione di eroina, in un intervallo di tempo compreso fra le 2,5 e le 3,5 ore”.

Morte provocata da altri
“Vi sono importanti elementi - sottolinea il dott. Giancane - che inducono il fondato sospetto che la somministrazione di eroina che ha causato l’overdose sia stata effettuata da altri e mancano al tempo stesso tutti i riscontri tipici dell’assunzione volontaria”. L’analisi del tossicologo si basa su dati oggettivi: “Il primo elemento che depone a favore dell’ipotesi di un’inoculazione effettuata da altri è la mancanza di qualsiasi traccia o residuo riferibili alla preparazione delle siringhe contenenti la soluzione pronta da iniettare”. Normalmente “per preparare una dose di eroina a partire dalla polvere sono necessari, oltre alla sostanza stessa, un contenitore (spesso viene utilizzato un cucchiaino, che viene riscaldato con la fiamma di un accendino per favorire il dissolvimento e pertanto si presenta annerito) ed una fiala di acqua sterile per soluzioni iniettabili. Al momento di aspirare la soluzione, poi, viene sempre applicato un filtrino in cima all’ago, al fine di impedire che le impurità presenti nel taglio raggiungano la siringa e da qui il torrente sanguigno; il filtrino, a sua volta, viene preparato utilizzando dei frammenti di un filtro di sigaretta”. “Queste tracce - sottolinea - erano sempre presenti sulla scena dei decessi per overdose che mi è capitato di osservare, così come esse erano sempre presenti in tutti i decessi di personaggi al di sopra di ogni sospetto deceduti per overdose da eroina. In questo caso, però, non sono state ritrovate né le bustine (o gli involucri) che avevano contenuto la polvere, né le fiale vuote, né il contenitore utilizzato per preparare la soluzione, né i filtrini e neppure un cucchiaino annerito, siano stati essi sul tavolo o nella spazzatura, che in un pensile, che fra le posate oppure nel bagno. E’ stata avanzata l’ipotesi che Attilio Manca sisia sbarazzato di tutte le tracce prima di auto-somministrarsi eroina, magari gettando la spazzatura in un cassonetto. Questa ipotesi, però, non è ragionevole, per più di un motivo ed è in contraddizione con le altre evidenze”. Il tossicologo bolognese ci tiene quindi a ribadire che preparare una siringa e poi portare fuori di casa tutte le tracce prima di assumere l’eroina “è un comportamento che non mi è mai stato riferito in 30 anni di professione. In questo caso, poi, le siringhe preparate sarebbero addirittura due, il che rende la cosa ancora più inverosimile”. Per Giancane “non vi era motivo alcuno di far sparire le tracce della sostanza e della preparazione, meno che meno quello di occultarle per discrezione, dato che poi nel cestino dei rifiuti vi era una siringa da insulina usata, certamente molto più compromettente di un frammento di cellophane, di un cucchiaino o di una fiala rotta”. Il tossicologo è fermamente convinto che “la mancanza di qualsiasi e sia pur minima traccia riferibile alla preparazione delle due siringhe induce inevitabilmente a concludere che esse siano state preparate in un luogo diverso dall’abitazione in cui è stato ritrovato il corpo di Attilio Manca.
(continua)

Tratto da: antimafiaduemila.com

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