Venerdì 31 gennaio alle ore 10 si terrà, presso l'Aula Magna del Liceo Artistico Statale "Renato Cottini", in via Castelgomberto, 20 (Torino), l'evento "Chi ha suicidato Attilio Manca?". All'incontro, che sarà introdotto dalla referente del Movimento Agende Rosse, Carmen Duca, e moderato dal Prof. Franco Plataroti, interverrà il fratello dell'urologo siciliano, Gianluca Manca.
E' il 12 febbraio 2004. A Viterbo, in un appartamento di via Monteverdi viene ritrovato il cadavere di Attilio Manca. Il corpo del giovane urologo di Barcellona
Pozzo di Gotto (Me), che operava all'ospedale di Viterbo, è riverso trasversalmente sul piumone del letto, seminudo. Dal naso e dalla bocca è fuoriuscita un’ingente quantità di sangue che ha provocato una pozzanghera sul pavimento. Il volto di Attilio è stravolto: il setto nasale appare deviato, mentre sui suoi arti sono visibili macchie ematiche. A causarne la morte, come accertato dall’autopsia, l’effetto combinato di tre sostanze, presenti nel sangue e nelle urine di Attilio: alcolici, eroina e Diazepam (il principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit). Sul suo braccio sinistro i segni di due iniezioni. Per la Procura di Viterbo non c’è dubbio che si è trattato di un suicidio. Ma Attilio Manca è un mancino puro. Non ha alcun motivo per suicidarsi. E soprattutto dietro alla sua morte si intravede l'ombra di Cosa nostra. Il giovane urologo, specializzato nella tecnica laparoscopica, potrebbe aver assistito all’intervento alla prostata al quale nel 2003 era stato sottoposto Bernardo Provenzano in una clinica di Marsiglia, o quanto meno potrebbe averlo visitato prima o dopo l’intervento. Uccidendo il dottor Manca il boss di Corleone si sarebbe così liberato di un pericoloso testimone di quella trasferta. Certo è che nell’autunno del 2003 Attilio Manca aveva comunicato telefonicamente alla sua famiglia di essersi recato a sud della Francia senza però spiegare nei dettagli le motivazioni. Ma di quelle telefonate non c’è traccia. Così come di altre. A distanza di più di 10 anni il mistero è rimasto intatto. Chi è stato l’ultimo a incontrare il giovane urologo nel suo appartamento? E soprattutto: chi avrebbe avuto interesse a mettere a tacere per sempre Attilio Manca e per quali ragioni? Una mera questione di droga? O un “favore” richiesto da Cosa nostra? Sullo sfondo si intravedono gli apparati deviati di uno Stato che non ha alcun interesse a fare luce su questa strana morte. Perché l'allora capo della Squadra mobile di Viterbo, Salvatore Gava (già condannato per un falso verbale all’epoca delle violenze alla scuola Diaz), aveva mentito sulla (falsa) presenza di Attilio Manca all’ospedale di Viterbo nel periodo durante il quale Provenzano veniva operato alla prostata in Francia? Dietro le quinte si muovono anche quegli ambienti “ibridi” di Barcellona Pozzo di Gotto da sempre crocevia di trame oscure di mafia e massoneria. Di contraltare ci sono due genitori ed un fratello che non hanno mai creduto alla tesi del suicidio e che da anni si battono per avere giustizia assieme a due indomiti avvocati come Fabio Repici e l'ex pm Antonio Ingroia. Ed è insieme a loro che inizia così un lungo viaggio alla ricerca della verità. Che fin da subito appare irto e pieno di insidie. Ripercorrendo le tappe salienti del caso, rileggendo le carte giudiziarie e riascoltando le loro testimonianze si intravede una debole luce in fondo al tunnel. Che indica la via da seguire per ottenere una volta per tutte giustizia e verità.
di Lorenzo Baldo - Suicidate Attilio Manca
Tratto da: antimafiaduemila.com