Martedì 10 Dicembre 2024

di Fabio Repici
Immaginate se qualche anno fa Antonino Di Matteo, magistrato della Repubblica (al tempo in servizio alla Procura di Palermo, ora alla Direzione nazionale antimafia applicato alla Procura di Palermo per il processo “trattativa”), avesse commentato sui giornali, all’indirizzo della famiglia Cucchi, l’angosciante vicenda della morte di Stefano, sostenendo a muso duro (al seguito di Carlo Giovanardi) la teoria negazionista secondo cui il loro congiunto fosse un tossicomane morto per causa propria e questo mentre c’erano un processo in corso e pure un’indagine disposta dal Procuratore Pignatone, arrivato a Roma molti anni dopo l’uccisione di Cucchi. Difficile pensare che Di Matteo non avrebbe passato seri guai disciplinari.
Mi sono permesso l’esempio di fantasia (e chiedo scusa ai due magistrati, che mi sono consentito di citare per la stima che ho di entrambi, e soprattutto ai familiari di Stefano Cucchi) per spiegare un’evenienza dei giorni scorsi.
È accaduto che il Procuratore di Torino, Armando Spataro, il 30 agosto scorso abbia occupato un’intera pagina del Fatto Quotidiano con un suo pezzo, titolato in modo perfettamente fedele al contenuto: "Attilio Manca non fu ucciso. Basta teorie del complotto / Il Procuratore di Torino - Il medico era eroinomane, morì per droga. Non ci sono prove di un omicidio, né del fatto che curò Provenzano". Lo scritto del Procuratore Spataro, che dall’incipit si rivela come una replica a un intervento di Antonio Ingroia (il quale insieme a me assiste i familiari di Attilio Manca) pubblicato sempre dal Fatto il 24 agosto, ci informa che il magistrato l’ha redatto dopo essersi procurato la sentenza emessa dal Tribunale di Viterbo a carico di Monica Mileti (condannata per la cessione dell’eroina che Attilio Manca si sarebbe iniettato, così procurandosi la morte fra l’11 e il 12 febbraio 2004) e dopo averla, ça va sans dire, attentamente studiata. Giungendo, così, alle conclusioni del titolo.
Quando ho letto l’articolo mi sono venute in mente le domande che penso in tanti avranno elaborato fra sé e sé. Sì, perché Spataro sa bene che il diavolo spesso si nasconde nei dettagli apparentemente inutili. Come il Procuratore di Torino si è procurato quella sentenza? L’ha richiesta alla cancelleria del Tribunale, ricevendone copia come un comune cittadino? Se l’è fatta mandare amicalmente dal Procuratore di Viterbo, Paolo Auriemma? L’ha chiesta ai difensori di Monica Mileti? L’ha avuta da qualche giornalista? Sarebbe apprezzabile se il dottor Spataro lo spiegasse. E se spiegasse pure un’altra cosa. La pulsione a procurarsi quella sentenza, a studiarla e a commentarla pubblicamente - detto in termini più semplici: a occuparsi della morte di Attilio Manca - gli è venuta dopo aver letto il pezzo di Antonio Ingroia del 24 agosto? E quindi le sue brutali parole su Attilio Manca (espresse con una sincerità degna di considerazione) hanno risentito del suo atteggiamento conflittuale nei confronti di Ingroia? Oppure è autonoma e precedente, e in questo caso smossa da cosa? Dallo spirito corporativo che taluni lettori ci hanno ritrovato?

spataro armando c agf

Certo, so bene cos’è il corporativismo/familismo (morale o amorale qui è questione superflua; magari ne discetteremo un’altra volta) giudiziario. Mi è capitato perfino di vedere (e pure il dottor Spataro lo sa) Procuratori della Repubblica impugnare sentenze di assoluzione che avevano scontentato amici/colleghi costituiti come parti civili. Tuttavia, non è stato il corporativismo, secondo me, a informare l’intervento del Procuratore Spataro.
Ma la domanda più fastidiosa che mi è sovvenuta - e la risposta del dottor Spataro al quesito magari sarebbe chiarificatrice sulla genesi della sua iniziativa - è un’altra. Sarà venuto il sospetto al Procuratore di Torino che il suo commento pubblico, su un processo non ancora definito a Viterbo e mentre sono in corso sull’omicidio di Attilio Manca indagini ad opera della Procura di Roma, potesse essere inopportuno in generale e soprattutto facesse correre il rischio di ingenerare in tanti lettori (che leggono le parole di Spataro con l’attenzione che esse meritano) convinzioni erronee sui fatti relativi alla morte di Attilio Manca? Dico questo perché, se Spataro ha letto solo la sentenza, egli ignora ciò che si è colpevolmente fatto in modo che nel processo a carico di Monica Mileti (e, conseguentemente, in quella sentenza) non entrasse. E quindi il rischio di aver disinformato molti lettori è prossimo alla certezza.
Un solo dubbio non avevo. Dal tono prescelto da Spataro, mi sembrava chiaro che egli avesse scelto di servire in modo radicale la causa della sincerità più brutale. E pazienza per la sensibilità dei familiari di Attilio Manca, alla quale sicuramente Spataro avrà pensato ma che alla fine avrà ritenuto giusto e inevitabile sacrificare.
Naturalmente, so bene come la sensibilità della madre, del padre e del fratello di Attilio Manca siano rimaste ferite dopo essere stati investiti dall’intervento di Spataro.
Due giorni dopo Il Fatto Quotidiano ha ospitato una lettera aperta della signora Angela, la dolce e tenace mamma di Attilio Manca, ad Armando Spataro. Quella lettera rivolgeva a Spataro le seguenti domande. 1. Come fa il Procuratore di Torino ad accreditare l’operato di un medico legale che non ha saputo indicare nemmeno la data e l’ora in cui Attilio Manca morì? 2. Come fa il Procuratore di Torino a sostenere la balla sesquipedale secondo cui Attilio Manca fosse ambidestro, anziché mancino puro? 3. Come fa il Procuratore di Torino a prendere per buona una consulenza tricologica che non esiste? 4. Non si chiede il Procuratore di Torino per quale sciagurato motivo la Procura di Viterbo non fece alcuna indagine nell’immediatezza per trovare prove sulla presunta colpevolezza di Monica Mileti, impegnata com’era allo spasimo a indagare sul defunto Attilio Manca? 5. Come si spiega il Procuratore di Torino l’esclusione, su richiesta della Procura, dal processo a carico di Monica Mileti dei familiari di Attilio Manca, che si erano costituiti quali parti civili perché finalmente venissero acquisite tutte le prove (e, infatti, con l’estromissione delle parti civili molte prove non sono state acquisite)? 6. Come fa il Procuratore di Torino a dichiarare inattendibili i collaboratori di giustizia che hanno parlato dell’omicidio di Attilio Manca, nonostante sulle dichiarazioni di uno di essi (Carmelo D’Amico) sono stati fatti (e confermati) arresti per numerosissimi omicidi (anche in questo caso con la sciagurata coincidenza di processi in corso)? 7. Come si spiega il Procuratore di Torino che non sia stato ancora individuato l’urologo che secondo le parole (intercettate) del boss Pastoia visitò Bernardo Provenzano?
Comprensibile a chiunque, per il resto, ed è facile immaginare anche per Armando Spataro, la fermezza della mamma di Attilio Manca nel concludere la sua lettera al Procuratore di Torino con l’assicurazione che ella non si fermerà nella sua ricerca di verità e giustizia e che mai tacerà.
In calce alla lettera della signora Manca, il Fatto ha ospitato la risposta di Armando Spataro. Non volevo credere ai miei occhi. La riporto integralmente: "Ho preso atto della lettera inviatami dalla signora Manca il cui dolore profondamente rispetto. Io ho riportato quanto scritto in sentenza e ritengo che non sia possibile replicare ai parenti delle persone decedute o vittime di reati, se non invitandoli a leggere attentamente gli atti processuali".
Ecco, rimane l’ultima domanda al Procuratore di Torino: si rende conto che, più che difficile, è impossibile non ritenere la sua risposta alla signora Manca come un’ipocrita scorciatoia per evitare di rispondere pubblicamente a domande che erano state ispirate proprio dal suo intervento?
Il dottore Spataro è unanimemente (e fondatamente) considerato uomo molto intelligente. Quindi, so che se ne rende ben conto. Allora forse è meglio ritirarla, quell’ultima domanda, e sostituirla con una molto più semplice.
Perché?

In foto: i familiari di Attilio Manca e Armando Spataro (© Agf)

Tratto da: antimafiaduemila.com

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