Lunedì 10 Novembre 2025



Presentato a Perugia il libro “Tienimi le mani”, scritto da Luca Grossi e dalla madre dell’urologo “suicidato” dalla mafia


di Karim El Sadi 

Per il tuo coraggio instancabile, per la tua testimonianza limpida e senza compromessi, per aver trasformato il dolore in una battaglia di verità e di giustizia ti conferiamo con gratitudine questo premio”. E’ con queste parole che un emozionato Salvatore Borsellino ha conferito, a nome del Movimento Agende Rosse - Gruppo Umberto Mormile, il “Premio nazionale Umberto Mormile - In direzione ostinata e contraria” (IV edizione) ad Angela Gentile Manca, madre dell’urologo ucciso dalla mafia il 12 febbraio 2004. La premiazione è avvenuta sabato 18 ottobre presso la Sala Convegni del Deco Hotel di Ponte San Giovanni a Perugia. Come ogni anno, la manifestazione è dedicata alla memoria di Umberto Mormile, educatore carcerario ucciso l’11 aprile 1990 dalla ‘ndrangheta, simbolo di integrità morale e di impegno civile. Al centro dell’incontro, la presentazione del libro-intervista “Tienimi le mani - La verità sulla vita e la morte di Attilio Manca”, scritto da Luca Grossi e pubblicato da Terra Somnia Editore. Il volume ricostruisce la vicenda di Manca attraverso la testimonianza diretta della mamma di Attilio e documenti inediti, evidenzia le molte ombre ancora aperte sul giallo. Con gli autori, hanno dialogato Gianluca Manca, fratello di Attilio, Brizio Montinaro, fratello di Antonio Montinaro, agente di scorta di Giovanni Falcone, e Stefano Mormile, fratello di Umberto e Fabio Repici, avvocato della famiglia Manca e Borsellino. L’evento, moderato da Angela Romano, è stato un atto pubblico di denuncia, memoria e resistenza civile, in un Paese dove - come è emerso da ogni intervento - la verità giudiziaria fatica spesso a coincidere con quella storica. “Come cittadini, e come tributo che ci sono stati in questi anni, il nostro dovere è quello di informarci, di raccontare e di poter reagire”, ha esordito Stefano Mormile, membro del coordinamento nazionale dei familiari delle vittime delle stragi e del terrorismo. Un coordinamento che “cerca di mettere per la prima volta insieme tutte quelle stragi e delitti che hanno interessato il panorama italiano”, spiega Brizio Montinaro. “Per arrivare al 12 febbraio 2004 bisogna partire dalla strage di Portella della Ginestra in poi. In questi anni abbiamo fatto fatica a cercare di mettere insieme dei puntini che portano a mettere insieme tutta una serie di eventi che molto spesso sono collegati tra loro. Perché la logica del compartimento stagno è quella logica che porta a settorializzare processi per arrivare a giuridiche che non sono verità storiche”, ha detto Montinaro. 


“La verità ci è stata negata, ma le prove ci sono”

A seguire è intervenuto Gianluca Manca: “Tra me, Brizio Montinaro, Stefano Mormile e Salvatore Borsellino c’è un filo che ci lega. Le nostre sono vicende che si ripetono anche nelle sedi giudiziarie”, ha affermato. Il fratello dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto ha raccontato le difficoltà affrontate negli ultimi 22 anni nel cammino di ricerca di verità e giustizia. A partire dall’infamia depistante del suicidio per overdose di Attilio Manca. “Il coraggio di resistere all’infamia non è stato facile, perché quel fango si riversa sui morti ma anche sui vivi. È stata dura, perché Barcellona Pozzo di Gotto non è un paese normale. Lì la mafia ha avuto un ruolo in diverse stragi, anche quella di Capaci. E dal 2004 ad oggi la mafia barcellonese ha ottenuto molto dalla morte di mio fratello. La cosa che mi duole di più è che nonostante tutti i ricorsi presentati dall’avvocato Repici, non abbiamo mai avuto risposte. Solo la Commissione antimafia ha finalmente riconosciuto che Attilio non era un drogato, ma è morto per mano mafiosa”.


manca angela premio mormile

Angela Manca 


"Abbiamo prove evidenti
”, ha aggiunto Gianluca Manca. “Attilio era mancino, eppure i segni dell’iniezione erano sul braccio sinistro; non c’erano impronte sulle siringhe. Come diceva Pasolini, “io so ma non ho le prove”: noi le abbiamo, ma ancora non c’è un processo”. “Ciò che abbiamo sofferto è stato l’isolamento sociale. Siamo stati costretti ad abbandonare il paese, e per mia madre è stato un secondo lutto. Ma almeno oggi viviamo più sereni. Speriamo che queste prove vengano finalmente cristallizzate anche dal punto di vista giuridico”. Sul punto è intervenuto Fabio Repici, che ha ricostruito con precisione e durezza il contesto che avrebbe portato all’uccisione dell’urologo: “Attilio Manca era un grandissimo scienziato. La storia che è stata raccontata e che pochi anni fa è stata attestata in una relazione approvata all’unanimità dalla commissione parlamentare antimafia afferma, nero su bianco, che Attilio Manca si trovò coinvolto nelle cure del latitante Bernardo Provenzano, che aveva trovato uomini di Stato e dell’alta borghesia di Barcellona Pozzo di Gotto per ottenere aiuto sanitario”. I familiari, come accerta anche la commissione antimafia della scorsa legislatura, sono convinti infatti che Attilio Manca sia stato ucciso per aver riconosciuto in Bernardo Provenzano (allora latitante) il paziente che avrebbe operato alla prostata a Marsiglia. “Attilio Manca non era stato reclutato per adesione a Cosa nostra, ma perché era il miglior medico che potevano trovare. Se Provenzano fosse stato arrestato nel summit a Mezzojuso nel 1995, Attilio sarebbe ancora vivo”, ha dichiarato Repici denunciando il fallito arresto del boss stragista  ad opera dei carabinieri guidati da Mario Mori. Perché Provenzano non venne arrestato 30 anni fa è una delle domande che a distanza di decenni resta senza risposta. E nel caso Manca di domande aperte ce ne sono diverse. Ne ha ricordare alcune Luca Grossi. “Come fece Attilio Manca, che era mancino puro, a iniettarsi l’eroina sul braccio sinistro? Perché l’ex Capo di Stato Giorgio Napolitano chiamò l’ex procuratore capo di Viterbo (che indagò sulla morte, ndr) per avere dettagli sull’indagine. Perché non è stato sentito il legale di Monica Mileti (la donna che secondo la procura di Viterbo avrebbe dato la dose letale di eroina al medico, poi assolta perché “il fatto non sussiste”, ndr), dopo che questi ha raccontato in un’intervista di aver ricevuto una proposta indecente (fai confessare la tua assistita e noi prescriviamo il reato). E chi gliela fece?”. Tutte domande, ha spiegato il giornalista, “che ho cercato di incidere per strapparle alla corrente della storia e consegnarla agli uomini”.  


Parola agli autori

Venendo al libro “Tienimi le mani”. “Questo libro è stato scritto con il sangue e con il sudore di tutte le persone che sono qui, e soprattutto nei riguardi di Angela Manca, Gianluca Manca e Fabio Repici. C’è anche il contributo fondamentale del mio vicedirettore Lorenzo Baldo, autore del libro ‘Suicidate Attilio Manca’. Io ho voluto discostarmi dalla fredda narrazione tecnica e dare più spazio alcuore della vicenda, cioè Attilio stesso e la sua famiglia. Sentivo l’esigenza di raccontare Attilio per com’era per fare in modo che qualcuno più avanti, magari qualche giovane, prendesse esempio e si ispirasse alla sua figura”. Grossi ha assicurato che seguirà questa vicenda fino alla sua conclusione. “Le indagini sono in corso”, ha ricordato. “Attilio Manca è stato ucciso perché ha visto Provenzano con i suoi occhi e anche chi lo proteggeva. La sua morte scompaginerebbe la storia degli ultimi anni del nostro Paese”. Quindi ha preso parola Angela Manca, che due anni fa ha perso il marito Gino con cui ha condotto questa battaglia per la verità. “Ringrazio Luca per il lavoro che ha svolto. Questo libro parla della nostra vita, c’è il prima e il dopo. Luca ha ricostruito la serenità della prima parte, e poi il baratro”. “Noi non sappiamo quanto tempo avremo ancora”, ha detto la mamma di Attilio Manca parlando della ricerca della verità. “Ogni volta che vedo il mio avvocato gli chiedo se avremo la gioia di vedere almeno un processo. A febbraio saranno 22 anni che aspetto verità e giustizia”, ha aggiunto. “Noi in questi anni abbiamo lottato con tutte le nostre forze insieme all’avvocato Fabio Repici che ha fatto il possibile e l’impossibile. Però gli ostacoli sono stati tanti. Io penso che la verità prima o poi verrà fuori. Io ho ormai la mia età, spero solo di poter vedere almeno l’apertura di un processo e che venga tolto questo marchio infame che hanno messo sul cadavere di mio figlio”.

Borsellino legge le motivazioni della premiazione

A fine serata la consegna della targa. Quest’anno, gli organizzatori hanno deciso che fosse il fratello di Paolo Borsellino (collegato da remoto) a illustrare le ragioni della premiazione. “Questo premio ha come motto ‘in direzione ostinata e contraria’. Cara Angela, chi ha il privilegio di conoscerti non può fare a meno di associarti alle mamme coraggio, alle mamme di Plaza de Mayo, che senza sosta si sono battute contro tutto e contro tutti per dare giustizia ai figli desaparecidos. Siamo sicuri che le icone autentiche delle Madri di Plaza de Mayo hanno il volto tuo e di quello di Augusta Schiera”, ha affermato Borsellino. “Cara Angela la tua vita è costellata di cose belle che hai costruito con coraggio e dedizione: la tua famiglia, l’insegnamento come passione, la schiena dritta, i valori di bontà e rispetto che hanno guidato tutte le tue azioni. Valori che hai tatuato nei cuori di Attilio e Gianluca. Ed è con questi principi che hai affrontato la più terribile sciagura che può toccare a una mamma, perdere un figlio. E al dolore, altro dolore, scoprire che quella morte violenta e ingiusta veniva anche oltraggiata da una grandinata di bugie per allontanare la verità. Tu non sei arretrata, anzi il dolore ti ha dato una straordinaria forza per gridare quella verità negata. Urla sempre più acute che hanno finalmente aperto uno squarcio, un piccolo ma significativo solco, nel quale la giustizia, se ancora esiste, dovrebbe incamminarsi. E invece la giustizia continua a prendere tempo. Nel frattempo i colpevoli si accaniscono contro la madre coraggio con pressioni, minacce, attentati, violenze sempre crescenti. Ma non ti scalfiscono. Attorno hai una protezione formidabile, Attilio, Gianluca e Gino e se ce lo permetti - ha concluso - anche tutti noi che ti ammiriamo e ti vogliamo bene”. 

Tratto da: antimafiaduemila.com 

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