Sabato 20 Aprile 2024

Le indagini "superficiali" della Procura di Viterbo e quella tossicodipendenza senza prove

di Luca Grossi
Gli inquirenti di Viterbo hanno svolto le indagini "in maniera superficiale" e agito con atteggiamento "precostituito" a confermare la "tossicodipendenza – e quindi del suicidio – della vittima, più che alla ricerca, scevra da pregiudizi, della verità su quanto accaduto".
Sono trancianti le parole contenute nella relazione della Commissione antimafia sul caso di Attilio Manca relative all'operato degli inquirenti della procura di Viterbo. Ricordiamo che all'epoca il procuratore capo era il magistrato Alberto Pazienti, mentre il pubblico ministero che aveva condotto le indagini era Renzo Petroselli.
Secondo la commissione, la procura avrebbe omesso molti accertamenti "indispensabili per un'inchiesta che si voglia definire quantomeno decente, tra cui gli esami dattiloscopici per identificare i proprietari delle impronte trovate sulla scena del crimine, gli accertamenti genetici sulle cicche di sigarette repertate, la ricerca di impronte sulle due siringhe usate per iniettarsi la dose letale di eroina".
Altre mancanze sono state segnalate in merito alla telefonata, poi sparita dai tabulati, che i genitori di Attilio Manca avevano ricevuto la mattina di mercoledì 11 febbraio 2004.
Per le 19.00 aveva fissato un appuntamento con il primario di urologia dell'ospedale “Gemelli” di Roma Gerardo Ronzoni. Ma non si era presentato.
Nessuno aveva più ricevuto notizie da Attilio, né i suoi amici, né i suoi colleghi. Ad eccezione dei suoi genitori, "i quali dichiaravano di aver ricevuto, in mattinata, una telefonata dal figlio, durante la quale questi chiedeva loro di controllare e di riparare la motocicletta" che si trovava a Tonnarella.
"Di questa telefonata - si legge - non rimaneva traccia nei tabulati forniti dalle compagnie telefoniche", ha scritto la commissione, "né nella lista delle telefonate del cellulare del Manca ritrovato nel suo appartamento".
Si potrebbe ipotizzare un errore nel ricordo da parte di entrambi i genitori?
Cosa molto improbabile.
La relazione infatti riporta che Attilio Manca "era solito chiamare il padre e la madre almeno una volta al giorno, tutti i giorni". Come evidenziato, dal cellulare dei genitori di Attilio Manca nei giorni precedenti l'11 febbraio, si sono registrati "sei contatti il 10 febbraio, sette il 9 febbraio, otto l'8 febbraio, sette il 7 febbraio e così anche nei giorni ancora precedenti".
Pertanto, se i genitori "non avessero avuto notizie del figlio per un giorno intero (anzi, un giorno e mezzo, per la precisione), è facile ipotizzare che non solo si sarebbero preoccupati e lo avrebbero cercato telefonicamente nell'arco della giornata, ma quella mancata telefonata sarebbe stato un dettaglio che sarebbe rimasto impresso nella loro mente, a maggior ragione nel momento in cui ricevettero la comunicazione della sua morte. Peraltro, nei tabulati telefonici dei coniugi Manca del 10 febbraio 2004 non è presente alcuna telefonata in orario coevo a quello della telefonata dell'11 febbraio da loro riferita, per cui non è possibile neanche ipotizzare che possano aver confuso il mercoledì con il giorno precedente".
Al dì là di questi dettagli i commissari hanno sottolineato che la richiesta dei tabulati telefonici era stata inoltrata a Telecom Italia dagli investigatori di Viterbo. La compagnia telefonica aveva risposto che "il tabulato potrebbe non documentare chiamate per problemi tecnici non prevedibili né rilevabili. Telecom Italia, su richiesta delle singole Autorità, è a disposizione per effettuare apposite ulteriori elaborazioni ed estrazioni di dati che possano eventualmente integrare quanto contenuto nel presente tabulato". Integrazioni che, "a quanto è dato sapere, non sono mai state richieste dall'A.g. viterbese", ha scritto la commissione.


palazzo giustizia viterbo

Il palazzo di Giustizia di Viterbo


L’esame tricologico di cui non si conosce nulla
Nessuna prova, ha sottolineato la commissione, è stata "portata a sostegno di un, seppur 'atipico', uso di eroina da parte di Attilio": i suoi colleghi escludevano che potesse farne uso; la persona alla quale era legato da una relazione sentimentale mai ne aveva avuto sentore; per non parlare del suo stato di salute che a detta dei suoi amici e colleghi era impeccabile, così come la sua diligenza sul lavoro.
Di cosa è morto allora Attilio Manca?
Nella relazione viene indicato che l'allora pm Renzo Petroselli aveva affidato l'incarico di eseguire l'autopsia sul corpo di Attilio alla dott.ssa Dalila Ranalletta. Una scelta inopportuna secondo la commissione. Poiché "l'anatomo-patologa era infatti la moglie del primario del reparto di urologia dell’ospedale viterbese, dott. Antonio Rizzotto. Per cui, non solo conosceva personalmente il medico defunto ma, al momento del conferimento dell'incarico, il marito era già stato sentito come testimone dalla polizia giudiziaria viterbese".
Oltre all'autopsia erano state analizzate anche le urine. Da questi esami il docente di tossicologia forense Fabio Centini aveva dedotto che il decesso di Attilio Manca era da "correlarsi con l'assunzione di composti organici neurotossici e, più precisamente, da inquadrarsi tra le 'overdose mortali da eroina associata a benzodiazepine ed alcool etilico'".
Centini aveva poi eseguito il test tricologico (un esame “non richiesto”, indicano i commissari), il cui "esito positivo", così scritto nella relazione integrativa di Centini, andava "interpretato come dimostrativo di un uso pregresso di eroina, unica responsabile del fatale evento".
La commissione antimafia ha rilevato che di tale esame non è stato riportato nulla "se non la sua esistenza": nel fascicolo era stato soltanto allegato un grafico dal quale si poteva "solamente prendere atto di una generica presenza di morfina in un estratto del capello del Manca".
"Non si conosce, pertanto, quale capello sia stato usato, quale parte del capello sia stata utilizzata, in quale modo questa sia stata trattata". Non è stato riferito neanche ciò che un esame tricologico ben eseguito è capace di indicare: cioè "i mesi in cui il soggetto ha fatto uso di stupefacenti".
"Appare fondamentale" - si legge - interrogare Fabio Centini, sulla "modalità e ai tempi con cui ebbe ad espletare l'esame tricologico, da chi gli venne richiesto e al fine di spiegare i risultati a cui è giunto, in particolare quali ragioni scientifiche supportano la certezza della presenza di eroina (e non morfina) nel capello analizzato".


giancane salvatore c federico de marco

Il professore, Salvatore Giacane © Federico De Marco


L’audizione del professore Salvatore Giacane
Il 24 novembre 2021 la Commissione aveva audito il prof. Salvatore Giancane, esperto tossicologo del S.E.R.T. di Bologna.
Spiegando i particolari inerenti alla tossicodipendenza da eroina, includendo anche la morte per overdose, il professore ha tracciato un quadro che poco ha a che fare con la morte di Attilio Manca.
A cominciare dalla posizione del corpo: la persona, dopo aver assunto eroina, "non riesce a fare molto se non a rannicchiarsi, infatti la maggior parte delle persone viene ritrovata in una posizione quasi fetale. Nel 95% dei casi la scena è questa".
“La posizione del corpo sul letto
- ha continuato - per come è stato ritrovato non è compatibile con la classica caduta per abbandono da overdose. Se cado in avanti, la parte dei miei arti inferiori che sporge è pari all'altezza del letto stesso, invece il cadavere di Manca sporge dal letto solo con i piedi e questo non è compatibile con una caduta in avanti. Il margine del letto fa da fulcro della leva ed è più o meno all'altezza del ginocchio. Inoltre il palmo delle mani era rivolto in alto ma se sto cadendo in avanti, perdendo i sensi, in qualche modo cerco di attutire la caduta con le mani”.
E sull'eventualità che l'iniezione di eroina venga eseguita nel braccio dominante dell'assuntore, il professore ha dichiarato "di non aver mai visto, nei suoi decenni di esperienza, una simile azione", tranne nel caso in cui “nel braccio dominante si fossero completamente esauriti gli accessi venosi, poiché i vasi, dopo tanti anni di assunzione, vanno incontro ad una sclerosi. Sono le cosiddette 'piste', che sono molto evidenti”.
Il professore si è anche espresso sui "consumatori occasionali di eroina", categoria nella quale era stato incluso anche Attilio: "Non sono molti, poiché l'eroina è una sostanza che aggancia, quindi prima o poi si sviluppa una forma di dipendenza. Sicuramente Attilio Manca non rientrava nel profilo degli assuntori abituali, sia perché ne mancavano le stimmate fisiche, sia per il funzionamento, poiché era un brillante chirurgo. Nella mia esperienza mi è capitato di avere a che fare con persone insospettabili che facevano un uso moderato o comunque saltuario di eroina. Tuttavia, i consumatori occasionali rimangono comunque in una sorta di mediocrità professionale".
“In sede giudiziaria
- ha concluso - è stato detto che il Manca avrebbe rincappucciato la siringa perché abituato dalla professione, ma non è affatto vero, in quanto un sanitario non ha l'abitudine di rincappucciare la siringa, al contrario, la smaltisce nel contenitore dei rifiuti speciali senza il cappuccio. Inoltre, se quella era stata la dose fatale, l'incoordinazione dei movimenti e i tremori avrebbero reso il reincappucciamento una manovra difficile, non molto facile". Questi elementi, sommati al fatto che Attilio era un mancino puro, smontano del tutto l'ipotesi secondo la quale la morte del medico sarebbe sopravvenuta al seguito di una 'auto - iniezione' di eroina.
Quindi, cosa è successo ad Attilio quella notte?
“Esiste una casistica - ha detto Giancane - secondo studi americani, rispetto a morti per overdose che sono stati degli omicidi. In questa casistica viene sottolineato il fatto che l'overdose è un ottimo modo per uccidere una persona, perché i rilievi in caso di overdose sono assai superficiali e ovviamente ciò dà un grande vantaggio a chi commette il fatto”.

Tratto da: antimafiaduemila.com

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